È convinzione dei Ricostruttori che la luce capace di illuminare il nostro fare sale dalla profondità e dall’immobilità della meditazione, di una preghiera capace di farci rientrare in noi stessi e di aprirci al disegno provvidenziale della nostra vita. Il termine “meditazione” non rinvia ad un esercizio di riflessione dell’intelligenza sul senso e sul destino dell’esistenza, ma piuttosto, secondo l’insegnamento della tradizione monastica cristiana delle origini, alla sospensione dell’attività riflessa e al suo assoggettamento al cuore. Da questo punto di vista, la meditazione esige che la mente, continuamente sollecitata dai sensi e dalla memoria, si ritiri dalla dispersione e prenda la direzione del cuore, spogliandosi progressivamente dei pensieri e delle immagini che la tengono in movimento. La tradizione dell’esicasmo affida all’invocazione del Nome di Gesù, o altre brevi formule di tipo mantrico tratte dalle Sacre Scritture, la capacità di raccogliere attorno a sé la mente, di unificarla e di introdurla verso l’interno. L’invocazione del Nome divino chiude alla mente tutte le sue vie di uscita e pone fine al suo vagabondare incessante. In particolare, in diversi contesti monastici (dall’Egitto, al Sinai, all’Athos) è ripresa l’idea di fondo secondo cui il respiro, investito dal Nome di Gesù, è la navicella su cui la mente deve salire per ritirarsi dall’esterno, prendere la direzione del cuore e qui riposare.
I Ricostruttori accostano e approfondiscono nello studio e nell’esperienza della preghiera la tradizione dell’esicasmo. D’altra parte, rivolgendosi a persone spesso lontane dalla tradizione della Chiesa, fanno leva sul fatto che l’esicasmo presenta una psicologia spirituale vicina, per alcuni aspetti, a quella delle tradizioni non cristiane dell’India. È convinzione dei Ricostruttori che la persona sperimentata nella preghiera del cuore possa diventare un interlocutore interessante rispetto ad alcune aspettative di quiete dell’uomo contemporaneo, spesso orientate verso il patrimonio delle discipline e delle pratiche dell’Estremo Oriente, e un sostegno affidabile nel cammino in direzione dei tesori presenti nella tradizione cristiana.
Si comprende perché l’apostolato della preghiera svolto dai Ricostruttori condivida l’idea di fondo più volte ribadita da O. Clément, il grande teologo ortodosso, secondo il quale le esigenze affermate dalla nostra modernità finiscono con il porsi in conflitto con il cristianesimo solo se non trovano una valida risposta in ambito cristiano, e proprio l’esicasmo, tra il resto, secondo Clément, può arginare questo rischio (F. Morandi –M. Tenace, Fondamenti spirituali del futuro. Intervista a Olivier Clément, Roma 1997, pp. 99, 101-102).
Per avviare le persone all’esperienza della meditazione i Ricostruttori organizzano nelle varie sedi corsi di meditazione, articolati in otto incontri, nei quali si offrono i rudimenti tradizionali per cercare di favorire il rientro in se stessi. Il corso ha un orientamento pratico e non si avvale di un linguaggio teologico, proprio in considerazione del pubblico presente. Non mancano i riferimenti ai metodi di concentrazione e di igiene mentale suggeriti dalle culture dell’Estremo Oriente, ma, d’altra parte, appare evidente nel corso l’intenzione di estrarre da questo ricco patrimonio «gli elementi compatibili» con la fede cristiana, perché ne derivi un arricchimento della propria esperienza di preghiera e di fede (cfr. Giovanni Paolo II, Fides et ratio n. 72).
Fin dal corso di meditazione e successivamente, nei ritiri mensili rivolti nelle diverse sedi a coloro che frequentano il Movimento, i Ricostruttori sottolineano che la quiete profonda (hesychia) di cui fanno esperienza gli uomini e le donne di preghiera non è l’esito della ricerca di un benessere del corpo e della psiche, incapace di valicare la dimensione dell’autoreferenzialità, ma scaturisce invece dal fatto di poter sostare, nella profondità di un cuore custodito, alla presenza di un Amore infinito che ci abita, ci perdona e sollecita la nostra continua conversione.